Hanuman, una storia di amicizia e fiducia

Hanuman

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Hanumanasana è la posizione yoga che prende il nome da Hanumān, il generale delle scimmie figlio di Vāyu, il dio del vento, e di Aṇjana, dall’aspetto per metà di scimmia.

Dotato di una forza sovrumana, di un corpo gigantesco e di un fortissimo senso della devozione e della giustizia, Hanumān era anche caratterizzato da un’innata curiosità, aspetto questo che lo portava spesso a combinarne di tutti i colori: tantissime sono infatti le storie di celebri “marachelle” compiute da lui, dal rubare o nascondere cose ai saggi in meditazione, fino al tentativo di addentare il Sole, scambiato per un mango.
E come punizione per il suo comportamento fu infine condannato a dimenticare le sue origini in parte divine.
Si tratta dunque di una figura molto particolare della tradizione hindu: forte, leale, dal cuore grande, e senza memoria.

Ma da dove nasce l’asana che porta il suo nome?
Trae ispirazione da uno dei racconti contenuti nel Rāmāyaṇa, il poema che narra la storia di Rama, settima incarnazione di Viṣṇu.

Scopriamo la storia…

Nascita di un’amicizia

A Rama, in esilio nella foresta di Daṇḍaka, fu rapita la bellissima sposa Sītā: il demone Rāvaṇa l’aveva presa con sé e portata nel suo palazzo, sull’isola di Lankā (il Ceylon).

Vagando nella foresta in cerca della sua sposa perduta, disperato Rama invocò l’aiuto del dio delle scimmie Sugriva, e di Hanuman, che gli andrò quindi incontro, prendendo le sembianze di un brahmino.

Ascoltando lo sventurato, che raccontava la bellezza di Sītā e tutto quello che gli era capitato, sentì di fraternizzare subito con lui e decise che lo avrebbe aiutato, ritrovando la sua sposa.

Dio Hanuman

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Viaggiò dunque in lungo e largo, ma di Sītā nessuna traccia.

Percorsa tutta la foresta, alla fine si ritrovò davanti al mare, senza sapere adesso dove dirigersi.

L’umiltà e il balzo

In questa situazione, il giovane Hanumān decise di non fare nulla: si sedette sulla spiaggia e restò in ascolto, in attesa di una risposta.

Nel suo cuore allora seppe qual era la direzione da prendere: avrebbe dovuto oltrepassare le onde, e raggiungere l’isola al di là del mare.

Così allungò una delle sue lunghe gambe al di sopra dell’acqua, l’altra ancora sulla terraferma, e con un balzo si portò sull’isola di Lankā, dove alla fine ritrovò Sītā.

Aveva aiutato il suo amico.

La posizione e le sue varianti

Proprio al balzo di Hanumān si ispira l’asana che porta il suo nome.

Siamo infatti al pavimento, portiamo una gamba in avanti, l’altra indietro, e cerchiamo di distenderle il più possibile, in una sorta di “spaccata”.
Possiamo anche sostenere con un supporto la gamba che si trova in avanti (usando un mattoncino, o un cuscino), così da accompagnare con gentilezza il corpo, in ingresso nella posizione.

Per sostenere il peso del corpo e bilanciarci meglio, possiamo poi aiutarci portando i palmi delle mani al pavimento, per poi unirle davanti al petto.

Hanumanasana

Una volta comodi nella posizione, ci possiamo portare in avanti con il busto e in allungamento e chiusura sulla gamba distesa.

Posizione Hanumanasana

In Abbandono

Solo l’abbandono e un rilassamento completo del corpo permette di raggiungere questa posizione, portando le gambe interamente in apertura e raggiungendo la terra con il pavimento pelvico.

Abbandono fisico quindi, ma anche mentale e spirituale, in un completo “lasciare andare” che si avvicina molto ad una condizione quasi meditativa.

La premessa di tutto questo? Come per Hanumān, l’umiltà e la fiducia: fiducia nel Divino, nella Vita, nella saggezza del nostro cuore.

Il generale delle scimmie parla quindi a tutti noi, e tutti possiamo riconoscerci in lui.

E se riusciremo a restare in ascolto, puri nel nostro Isvara Pranidhana (abbandono al Divino), il balzo sarà facile, nella direzione giusta.


Categories: Filosofia Yoga

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