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Spesso, nella nostra vita così come durante la nostra pratica yoga, siamo abituati a concentrare attenzione e consapevolezza sul “movimento”, sul susseguirsi delle azioni, delle posizioni, ritenendo magari che l’immobilità sia lo stato privilegiato del sonno.
Ma non sempre è così. Anzi.
Immobilità, rilassamento, “lasciare andare”, preziosi tanto quanto il movimento, ci danno infatti l’opportunità di entrare sempre più in profondità nella consapevolezza di noi stessi, di avvertire le sensazioni, i cambiamenti che stanno avvenendo in noi, ascoltarli esprimersi.
Possiamo avvertire tutto questo quando pratichiamo savasana ad esempio. La posizione del cadavere (savasana, appunto) non è semplicemente un rilassamento, ma un vero e proprio asana, una parte fondamentale della pratica.
Quando siamo in savasana, infatti, distesi supini con le gambe alla larghezza del tappetino, le braccia rilassate lungo i fianchi, i palmi delle mani rivolti verso l’alto, aiutati da cuscini o coperte per mantenere una posizione comoda e rilassata, portiamo tutto il nostro corpo verso l’immobilità e l’abbandono, restandone sempre pienamente consapevoli; seguendo la voce dell’insegnante pian piano ci lasciamo andare, sul tappetino, per raggiungere una totale immobilità del corpo, così come delle attività della mente; lasciamo cessare il flusso continuo dei pensieri, come accade in un cadavere, permettendo così al lavoro svolto nel corso della pratica yoga di andare in profondità, respiro dopo respiro.
Proprio per questo si tratta dell’asana in assoluto più difficile, per l’assoluto impegno che richiede nel lasciarsi andare completamente, abbandonare il corpo e la mente e far cessare ogni movimento: e allora che la nostra mente potrebbe ribellarsi, costringerci ad aprire gli occhi, portarci altrove con i pensieri, cercare di evitare la tranquillità o addirittura, farci scivolare lentamente verso il sonno.
Semplicemente restare in ascolto di tutto questo, accettare anche la nostra “ribellione”, è uno dei più grandi doni che questa posizione possa concederci.
E in ogni momento, tornare lentamente al respiro nella sua espressione naturale, ci può accompagnare a vivere sempre più in profondità la posizione, per sentire ciò che lentamente e silenziosamente accade dentro di noi.
Potremo quindi accogliere e lasciare andare, guardare e lasciare scorrere i pensieri che dovessero presentarsi alla mente, rilassare il corpo, e nell’immobilità semplicemente ascoltare.