I SALUTI AL SOLE

Dalla Terra in alto, verso il Cielo

yoga alba Fonte immagine: Pixabay

 

Sūrya Namaskara è la locuzione sanscrita che traduciamo come “Saluto al Sole”, ormai molto noto anche in Occidente.
Sūrya è infatti il nome della divinità solare nel pantheon induista; e namaskara significa letteralmente “inchino, saluto reverenziale”.

Con questa locuzione la tradizione yogica identifica una sequenza di vinyasa, composta come forma di inchino al Sole: una delle più famose sequenze dello yoga.
Ma perché proprio il Sole?

Beh, nel pantheon induista, come anche in tantissime culture e religioni, l’elemento solare riveste un’importanza fondamentale.

Designato anche come il Luminoso, Colui che nutre, la tradizione identifica Sūrya anche come dimora di Puruṣa o Brahmā, il creatore, l’Anima universale.

Fulcro del paradigma culturale e identitario di moltissimi popoli, al centro di innumerevoli narrazioni mitologiche, il Sole, con la sua grandezza, calore, luce, ha rappresentato e rappresenta infatti ciò che nutre e dà vita, che fa crescere; e soprattutto dopo la notte, all’alba è intimamente associato dall’uomo alla rinascita.

E proprio l’alba è il momento in cui possiamo osservare il Sole, in cui ci sentiamo connessi alla sua energia.

Per questo motivo, toccando corde così profonde, il Saluto al Sole, anche se collocato nell’universo induista, può parlare a tutti gli uomini, nel loro intimo desiderio di sentirsi collegati al Tutto, all’energia vitale che giorno dopo giorno si rinnova.

 

La pratica del Saluto al Sole

Nello yoga esistono più versioni differenti di saluto al Sole, ciascuna correlata ad una diversa tradizione. In tutte però si rileva un filo comune: lo sviluppo, attraverso le posizioni, di un movimento di ascensione in senso verticale: da asana più focalizzati verso il basso e verso la terra, per sviluppare in conclusione un movimento di estensione ed espansione nel senso dell’allungamento verso l’alto.

Spesso utilizzata come riscaldamento per il corpo, la sequenza del Saluto al Sole è in realtà una pratica complessa e intensa anche in se stessa, al punto da poter essere utilizzata anche da sola, in una sessione di pratica.

Sotto il profilo fisico, la sequenza interessa infatti tutto il corpo, che ciclo dopo ciclo si scioglie e mette in movimento quasi il 90% della muscolatura (per questo motivo può essere usata al mattino, senza forzare, per risvegliare il corpo e mettere in moto l’energia).

 

Energia del Saluto al Sole: il respiro

Dal punto di vista energetico e spirituale, Sūrya Namaskara è allo stesso modo potente, capace di produrre effetti profondi, nel senso di un progressivo sviluppo di consapevolezza, centratura verso il proprio Sé più profondo, completezza e integrazione con io Tutto che è dentro e fuori di noi.

In che modo?

Elemento fondamentale per apprezzare tutta la profondità di questi cicli di asana, è il coordinamento delle posizioni con il flusso del respiro.

Si tratta di una sincronia difficile da ottenere, all’inizio, ma che con il proseguire della pratica si sviluppa naturalmente: dopo alcuni cicli di ripetizione, è infatti il corpo stesso a sentire il bisogno di accordare il movimento con il respiro, e piano piano, ciclo dopo ciclo, il saluto al Sole diviene una sorta di meditazione in movimento: la mente si libera, il corpo si scioglie, l’anima si riscopre in pace, in armonia con la Vita tutto intorno.

 

Come si fa

Esploriamo due delle possibili varianti di Sūrya Namaskara, appartenenti alla tradizione dell’Ashtanga yoga. Qui il Saluto al Sole è un vinyasa (ciclo di posizioni in sequenza) composto da 9 o 17 vinyasa, rispettivamente nella versione “A” e “B”.

Come abbiamo detto, può essere eseguito al mattino, per sciogliere la muscolatura e prepararsi alla nuova giornata, mettendo in moto la nostra energia.

Ma possiamo anche apprezzarne i benefici alla sera, per calmare i pensieri e predisporre il corpo ad un sonno ristoratore. In questo caso però, alla sera, sarà necessario mantenere un ritmo più lento nella sequenza, e non eccedere le 3-5 ripetizioni (altrimenti si corre il rischio di mettere in movimento troppa energia).

Ad ogni modo, che si pratichi al mattino o alla sera, ricordiamo sempre la nostra regola d’oro: pratichiamo nel rispetto del corpo, secondo satya e ahimsa, restando dunque sempre in ascolto.

Come sempre, nella pratica dello yoga, ogni asana deve essere comodo e piacevole: nessuna forzatura.

Vediamo dunque insieme i vinyasa.

 

Sūrya Namaskara A

Questa versione del Saluto al Sole si compone di 9 vinyasa, da eseguire come un flusso, secondo il ritmo del respiro, risvegliando pian piano la nostra energia.

Vediamo assieme la sequenza, contando secondo la numerazione sanscrita, da uno a nove, e seguendo il fluire del respiro. Ad ogni movimento corrisponde infatti una fase di inspirazione o espirazione.

La partenza è in Samasthiti, posizione che vede i piedi uniti, le braccia lungo i fianchi, le spalle rilassate, addome contratto, bacino in retroversione.

  • Ekham (uno): inspirando alziamo le braccia in Urdvha Hastasana e concentriamo lo sguardo e l’attenzione verso l’alto, in direzione dei palmi delle mani che si uniscono.

Urva Hastasana

  • Dve (due): espirando scendiamo portando i palmi delle mani accanto ai piedi, in Uttanasana.

 

  • Trini (tre): inspirando, con le mani sempre al pavimento, inarchiamo il busto e guardiamo dinanzi a noi, portandoci così in Urdvha Uttanasana. In questo modo il bacino ha modo di ruotare nel modo migliore, preparando il corpo per l’asana successivo.

Urdvha Uttanasana

  • Chatwari (quattro): espirando saltiamo o portiamo indietro prima un piede e poi l’altro, e raggiungiamo poi la posizione di Chaturanga Dandasana, il bastone su quattro appoggi. Per questo asana è necessario un intenso lavoro da parte dell’addome, sempre bene attivo, una buona consapevolezza nelle braccia, una corretta posizione dei gomiti e del bacino (per non affaticare le articolazioni e la zona lombare).

Chaturanga Dandasana

  • Pancha (cinque): alla prossima inspirazione scivoliamo in avanti, appoggiamo il dorso dei piedi al pavimento, con le gambe bene attive, le braccia tese e le mani che spingono al pavimento, ci allunghiamo in avanti ed espandiamo il torace verso l’alto entrando nella posizione di Urdvha Mukha Savanasana.

Urdvha Mukha Savanasana

  • Sat (sei): espirando torniamo indietro, ruotando a partire dalle dita dei piedi, spingiamo i talloni verso il pavimento, gli ischi verso l’alto, l’addome in dentro, la testa rilassata verso il basso con lo sguardo rivolto all’addome, in Adho Mukha Svanasana. Manteniamo questa posizione per 5 respiri profondi.

Adho Mukha Svanasana

  • Sapta (sette): dopo il quinto respiro in Adho Mukha Svanasana torniamo in avanti con un salto, o portando in avanti prima un piede e poi l’altro, e ci riportiamo nella posizione di Urdvha Uttanasana, con lo sguardo rivolto davanti a noi, le spalle indietro.

Posizione Urdvha Uttanasana

  • Aptau (otto): espirando chiudiamo la posizione in Uttanasana.

 

  • Nava (nove): all’inspirazione successiva saliamo verso l’alto, con le braccia distese, e osserviamo le mani che si congiungono, sopra la nostra testa.

Posizione Urdvha Hastasana

Infine facciamo discendere le braccia lungo i fianchi, e ci riportiamo in Samasthiti.

Per poter sentire gli effetti della pratica del Sūrya Namaskara A sarà necessario ripetere la sequenza per almeno 3 volte, sempre però nell’ascolto e nel rispetto del nostro corpo, come dicevamo, fermandoci là dove avvertiamo affaticamento, difficoltà, eccessiva fatica.

 

La versione “B”

La versione “B” del Saluto al Sole, più usata nel contesto dell’Ashtanga yoga, si compone di 17 vinyasa, sempre però lavorando secondo il principio della progressiva ascensione del corpo in senso verticale: dalla terra al cielo, e sempre in armonia con il respiro.

L’inizio è, come per la variante “A”, in Samasthiti.

  • Ekham (uno): inspirando flettiamo le ginocchia, spingiamo in avanti il coccige, l’addome contratto, in alto le braccia, per la posizione di Utkatasana.

Utkatasana

  • Dve (due): espirando scendiamo portando i palmi delle mani accanto ai piedi, in Uttanasana.

 

  • Trini (tre): inspirando, portiamo indietro le spalle, in apertura il petto e guardiamo dinanzi a noi, portandoci così in Urdvha Uttanasana.

 

  • Chatwari (quattro): espirando saltiamo o portiamo indietro prima un piede e poi l’altro, e raggiungiamo poi la posizione di Chaturanga Dandasana.

  • Pancha (cinque): inspirando scivoliamo in avanti, in Urdvha Mukha Svanasana.

  • Sat (sei): espirando torniamo indietro, ruotando a partire dalle dita dei piedi, spingiamo i talloni verso il pavimento, gli ischi verso l’alto, l’addome in dentro, la testa rilassata verso il basso con lo sguardo rivolto all’addome, in Adho Mukha Svanasana. A differenza del Saluto al Sole “A”, manteniamo questa posizione per 1 respiro.

  • Sapta (sette): inspirando portiamo in avanti il piede destro, apriamo leggermente il sinistro e nella stessa inspirazione saliamo con le braccia verso l’alto, i palmi che si uniscono e il torace in espansione per Virabadrasana I, la posizione del guerriero.

Virabadrasana I

  • Astau (otto): con l’espirazione ritorniamo indietro e ci riportiamo in Chaturanga Dandasana, per ripercorrere poi la parte di vinyasa eseguita in precedenza.

  • Nava (nove): inspirando dunque torneremo in Urdvha Mukha Svanasana.

  • Dasa (dieci): espirando ritroviamo Adho Mukha Svanasana.

  • Ekadasa (undici): inspiriamo e avanziamo per Virabadrasana I, questa volta con il piede sinistro in avanti.

posizione virabadrasana I

Si riprende dunque il ciclo composto da Chaturanga Dandasana (dvadasa), Urdvha Mukha Svanasana (trayodasa), Adho Mukha Svanasana (chattuardeja). Questa volta restiamo in Adho Mukha Svanasana per 5 respiri, ed al sesto torniamo in avanti con un salto, o portando in avanti prima un piede e poi l’altro, ci riportiamo in Urdvha Uttanasana (panchadasa); all’espirazione successiva chiudiamo la posizione in Uttanansana (sodasa) ed infine, inspirando, passando per Utkatasana (sapradasa) ci riportiamo in Samasthiti, in ascolto delle nostre sensazioni.

Vediamo quindi che questa seconda tipologia di Saluto al Sole è parecchio più intensa della precedente, andando anche a lavorare sulle gambe e sui quadricipiti, attraverso Utkatasana e Virabadrasana, che esercitano un’azione potente sul nostro radicamento e sull’energia degli arti inferiori.

 

Dalla Terra al Cielo

Quelle che abbiamo visto sono solo due versioni di Sūrya Namaskara.

Tuttavia, ogni tradizione yogica contempla una sua modalità di pratica del Saluto al Sole. Comune a tutte, così come per le due varianti che abbiamo visto, un armonioso coordinarsi di posizioni e respiro, per costruire una vera e propria meditazione in movimento, in elevazione verso l’alto.

Il Saluto al Sole non è dunque solo un ritrovare l’armonia con la forza vitale che infonde calore ed energia in noi e in tutte le creature attorno a noi, ma un progressivo levarsi della nostra stessa essenza dalla terra al cielo.

Dal contatto fisico con la terra che sperimentiamo ad esempio in Uttanasana, il vinyasa ci porta ad allungarci sempre più verso l’alto. Passando da Chaturanga Dandasana accendiamo infatti la nostra energia e ci portiamo in espansione, con Urdva Mucha Svanasana; infine ci proiettiamo sempre più verso l’alto, con lo sguardo alle mani che si uniscono sopra di noi, in Urdva Hastasana.

In conclusione del ciclo, torniamo quindi a guardare il cielo, a portare la nostra intenzione, il nostro respiro e la nostra anima in alto, in armonia con il Tutto.

Guardiamo insieme le due sequenze complete:

 


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